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Rassegna stampa

da "TeO", il blog della Unit Produzione e Tecnologia di SDA Bocconi School of Management
Pubblicato il 13/01/2010
Più agili, più green
di Vitaliano Fiorillo

Il credit crunch, il dumping e una domanda sempre più volatile, hanno trasformato il processo di gestione della supply chain in una vera e propria sfida, specialmente per il comparto del tessile. Questo, sia per le peculiarità del settore, sia per le contenute dimensioni delle aziende produttrici di fronte ai colossi della GDO. L’ottica del supply chain management diventa quindi fondamentale.

La recente costituzione dell’Associazione Distretto Industriale Calze e Intimo (A.DI.CI), ha offerto l’occasione di valutare le potenzialità di una declinazione green del supply chain management. Nata in seno al più ampio distretto manifatturiero di Brescia e Mantova, che conta circa 400 imprese e rappresenta l’80% del settore calza e intimo, il 70% della produzione europea e il 30% di quella globale, ADICI ha creato una rete di circa 130 PMI in pochi mesi attorno a tre obiettivi fondamentali: qualità, flessibilità e innovazione. Poiché si tratta di una neonata rete di aziende che mira a coprire, in pratica, tutta la filiera, a monte e a valle, è indispensabile affrontare le criticità con un approccio integrato di supply chain management, ma non solo. Se il cambiamento climatico e la grave emergenza ecologica non sono più in discussione, la sostenibilità diventa un elemento imprescindibile per l’innovazione dei processi e dei prodotti. Partendo dalle interazioni tra la supply chain e l’ambiente è stato dunque possibile avanzare ipotesi più realistiche e sostenibili e ha permesso di individuare costi e benefici altrimenti sommersi.

Così, una supply chain agile, informatizzata e con standard condivisi permette di aumentare la flessibilità ma anche le performance ambientali. La gestione ottimizzata della capacità produttiva contribuisce, infatti, a contenere la richiesta energetica; la riduzione dei buffer permette di limitare il consumo di suolo, anche a fronte di un auspicabile aumento dei volumi scambiati; l’ottimizzazione dei trasporti, la condivisione dei servizi e una domanda più prevedibile si traduce in una riduzione delle emissioni a carico del processo produttivo; infine, l’introduzione di un’etichetta di impronta ecologica è un passo fondamentale poiché permette di dare conto dei risultati e degli obiettivi, aumentando la credibilità del marchio cui fa capo la rete di aziende e contribuendo al rafforzamento dell’identità associativa.

A parere di chi scrive, non tenere conto degli aspetti ambientali della filiera produttiva significa perdere un’opportunità e il green supply chain management può diventare il nodo fondamentale per le aziende che hanno deciso di “fare rete” di fronte alla crisi.










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